A distanza di sei mesi dai World Equestrian Games disputatisi a Tryon in North Carolina (USA), incontriamo due grandi protagonisti dell’evento che sono anche nostri cari amici. Silvia Stopazzini e Lorenzo Lupacchini hanno conquistato un titolo memorabile per l’Italia, l’oro nel Pas de Deux nel volteggio. Dribblando i loro numerosissimi impegni, siamo finalmente riusciti ad ottenere la lunga intervista che vi proponiamo.
È passato un po’ di tempo dalla vostra straordinaria vittoria, come vi sentite? Appagati? Ancora adrenalinici? Confesso che quando ci ripenso mi viene ancora la pelle d’oca.
SILVIA: Appena abbiamo finito le gare e siamo tornati in Italia, ci siamo presi un mese di pausa per riposare mente e corpo. Eravamo un po’ stanchi perché l’estate non aveva lasciato tregua e il pensiero quotidiano di una gara così importante da affrontare, aveva il suo bel peso.
C’è voluto un po’ di tempo per realizzare cosa avevamo fatto, eravamo pieni di adrenalina e mille emozioni ci riempivano il cuore. Prima di tutto il fatto di esserci riusciti e di sapere che tutto il lavoro che avevamo fatto era stato giusto, ci creava un senso di gioia che anche le parole fanno fatica a spiegare.
Personalmente, la felicità (riduttivo) che ho provato in quel momento, credo di non averla mai sentita prima. La medaglia d’oro ha ripagato tutte le nostre fatiche e il nostro viso, a fine gara, trasmetteva qualsiasi tipo di emozione positiva e raggiante che potesse esistere. Guardare le foto fa ancora un certo effetto e la gioia che comunicavamo è tutt’ora palpabile.
Un risultato del genere ti dà la carica, ti motiva e ti fa pensare che nulla è davvero impossibile se lo vuoi davvero.
LORENZO: Sicuramente la stanchezza nei giorni a seguire si è fatta sentire, solo quando siamo tornati a casa riguardando i video e ripensandoci ci siamo resi conto di quello che abbiamo fatto. È stata un’esperienza bellissima che rifarei tutta dall’inizio alla fine.

Raccontateci un po’ come avete festeggiato.
SILVIA & LORENZO: La sera della vittoria non abbiamo festeggiato molto in quanto le gare continuavano il giorno dopo… Tornati in patria abbiamo organizzato una festa a casa di Lorenzo con tutte le persone che si erano interessate alla cosa.

È stata una sfida tra la vitalità travolgente all’italiana e la perfezione un po’ fredda di stampo tipicamente germanico. Unici latini in mezzo a quattro coppie teutoniche. Quali erano le vostre sensazioni?
SILVIA: Sapevamo di avere un esercizio fuori dalle righe ma sapevamo anche che, come avrebbe potuto premiarci e piacere se eseguito in perfetto modo, poteva dall’altra parte risultare frettoloso e impreciso se una piccola cosa andava male.
Avevamo una musica davvero coinvolgente e sapevamo che questo era un punto di forza, ciò che ci rendeva diversi dagli altri.
Eravamo sicuri di noi e ogni movimento era stato studiato nel dettaglio, ciò che ci ha premiato è stato il riuscire ad esprimerci insieme al nostro cavallo e a coinvolgere il pubblico e giudici in modo differente rispetto agli altri.
LORENZO: Abbiamo fatto un’estate davvero intensa, l’esercizio che abbiamo portato era un arma a doppio taglio perché aveva una complessità di costruzione e una velocità che solo nel momento in cui tutto veniva perfetto era apprezzabile e insuperabile, altrimenti risultava bruttissimo. Sapevamo che se il cavallo andava bene lo sapevamo fare, ma la paura e l’ansia c’è per tutte le gare. Sapevamo anche che il fascino e le idee italiane sono sempre apprezzate come originalità, ma allo steso tempo la precisione tedesca e austriaca non hanno rivali. Insomma abbiamo rischiato e tutto è andato secondo i piani, anzi meglio.

Dopo la prima manche credo che più di qualcuno avesse già dato la coppia Wacha-Linder per vincente e scommettesse anche sul sorpasso di Kay-Derks che vi seguivano solo ad un millesimo. Ma quando siete entrati in campo per la seconda prova avevate il volto di chi voleva dire “adesso vi facciamo vedere noi di cosa siamo capaci!”. Fin dal saluto saltava agli occhi una determinazione che non si vede sempre. Come si fa ad essere così “arrabbiati” e nello stesso tempo non trasmettere nervosismo al cavallo?
LORENZO: È vero, siamo entrati molto agguerriti, sapevamo che le cose le sapevamo fare e che il cavallo conosceva l’esercizio molto bene. Pensavamo che comunque un podio sarebbe stata una cosa molto bella e quindi non avevamo nulla da perdere, siamo entrati con una grinta che io non ho mai provato prima, senza pensare però al risultato, ma solo alla nostra performance. Il cavallo era teso anche lui come diceva Laura, un po’ come tutti, ma c’era un intesa perfetta tra tutti e quattro e quindi è andato tutto bene e solo dopo l’uscita finale si è sfogato un po’.
SILVIA: Noi siamo entrati in campo gara con molta carica e con l’obiettivo di far vedere ciò che eravamo in grado di fare. Non avevamo in mente il primo posto, anche se indubbiamente sapevamo che potevamo giocarcela fino alla fine e tantomeno pensavamo all’avere il fiato sul collo da parte di Derks-Kay; il nostro scopo era fare vedere ciò che eravamo in grado di fare. La tensione e la concentrazione erano molto alte e anche Rosen (Rosenstolz, il cavallo su cui hanno gareggiato ndr), una volta entrati in campo, ha sentito la gara, ma nonostante tutto ha svolto il suo lavoro in modo eccezionale. Come ha già detto Lorenzo, appena siamo scesi, lui si è sfogato un po’ (come per dire: adesso posso!!!) ma abbiamo retto la competizione tutti fino alla fine.

Il pubblico ai WEG era tutto con voi, siete letteralmente riusciti a trascinarlo emotivamente. Dal campo riuscivate a percepirlo o la concentrazione è tale che è come se non ci fosse nessuno?
SILVIA: Prima di entrare in gara io non penso mai al pubblico e lo stesso è stato in America. È venuto però tutto talmente naturale che, essendo noi stessi, siamo stati in grado di coinvolgere chi ci guardava trasmettendo passione e divertimento. Abbiamo fatto prima di tutto un esercizio per il pubblico, ma la concentrazione era così alta che in quel momento non mi ha permesso di percepire che la gente si stava divertendo e che stavamo coinvolgendo tutti. Solo riguardando il video più e più volte ho capito cosa ha potuto provare chi ci guardava.
LORENZO: Il pubblico l’ho percepito nel momento in cui i miei piedi hanno toccato terra, fino a quel momento non ci pensavo. Come sono arrivato dall’uscita gli applausi si sono mischiati al rendersi conto di aver fatto un buon esercizio ed è stato bellissimo.

Il trucco è lavorare senza fretta, ma senza sosta.

E Rosenstolz? Sente la gara? Sente il pubblico?
LORENZO: Come già detto il giorno della finale era un po’ teso, ma c’era dietro il lavoro di un team di esperti (il veterinario Daniele Dall’Ora, il fisioterapista equino Antonio Inghilleri, Vanessa Ferluga e Francesca Malaspina che lo montavano e tanti altri) e ovviamente di Laura (Laura Carnabuci, la lounger ndr) che lo conosce perfettamente e tutto è andato per il verso giusto.
SILVIA: Rosen è sempre molto affidabile, come ogni cavallo bisogna saperlo gestire ed è importante prestare attenzione a non stancarlo troppo prima della gara.
Il giorno della finale sentiva un po’ il nostro stress, ma Laura è stata molto brava nel gestirlo e noi abbiamo cercato di essere leggeri per non infastidirlo.

Raccontatemi il vostro rapporto con Rosenstolz.
SILVIA: Il nostro rapporto è davvero qualcosa di unico perché Rosenstolz è speciale, è sempre disponibile per noi e pronto a dare il massimo ogni volta che glielo si chiede. Abbiamo imparato a fidarci l’uno dell’altro ed è buffo ricordare come all’inizio non ci trovavamo proprio per niente ad eseguire il pas de deux su di lui. È il primo a riconoscere se siamo tesi e di conseguenza, ce lo fa notare nel suo galoppo. Siamo una vera e propria squadra perché puntiamo tutti verso uno stesso obiettivo e lui viene però prima di ogni cosa. Ci prendiamo cura di lui sempre, dedichiamo a lui il nostro tempo e passiamo molto tempo a coccolarlo. Nonostante la sua grandezza smisurata è un vero e proprio tenero e solo conoscendolo si capisce quanto richieda affetto. Ama essere considerato e noi amiamo farlo stare bene.
LORENZO: All’inizio volteggiare su di lui è stato molto difficile e avevamo paura a cambiare cavallo, in seguito il rapporto è cambiato, abbiamo preso molta fiducia ed è nato il quartetto vincente che ha descritto Silvia.

L’esercizio che avete elaborato è unico soprattutto per la dinamicità e la musica travolgente. Come avete scelto il tema?
SILVIA E LORENZO: Il tema è stato una combinazione di eventi: l’aveva proposto Lorenzo a Lipsia (GER), ma poi non ne avevamo più parlato fino a che un giorno, cercando una musica per l’individuale di Silvia, abbiamo trovato la musica “Samba do Brasil” e da lì è nato il tutto. Sono state fatte più di 40 versioni di musiche diverse prima di arrivare a quella ascoltata in America ed è stato essenziale il lavoro della nostra coreografa Elisa Rossi Mel che ama e sa interpretare le danze latine come nessun altro. È stato difficile perché era una musica molto veloce e sul crescere e non dava un attimo di respiro, inoltre non si potevano usare troppo i movimenti di passi come nel ballo perché sotto c’è un cavallo che si muove. È stato qualcosa di nuovo, esplosivo e penso di mai visto nel volteggio.

Ballavate latino con mambo e samba, ma i colori indosso erano tutti italiani. Quanto incide l’abbigliamento, la foggia e la scelta delle tinte per le tutine? Come li scegliete?
SILVIA: Secondo noi anche l’abbigliamento, come la musica, è fondamentale e non deve essere scontato o banale. E’ importante che ciò che indossi aiuti ad esprimere quello che vuoi interpretare proprio perché si è un tutt’uno con la musica. Noi ci siamo ispirati alla squadra di ginnastica ritmica della Russia e insieme alla nostra coreografa Elisa Rossi Mel e alle nostre sarte (Stilosa Creazioni e Cris Danza Pordenone) siamo riusciti ad ottenere quello che avevamo in mente. Abbiamo cercato dei colori vivi e allegri che appunto, fossero tipici di un ballo latino americano e di un Carnevale di Rio. Le nostre tutine si richiamano a vicenda e per i WEG abbiamo aggiunto come dettaglio delle frange colorate in modo che potessero fare un effetto ancora più movimentato su di noi.
LORENZO: Come ha detto Silvia è stato un grande lavoro che ha coinvolto ben due sarte per ottenere quello che si è visto in gara, inoltre sono state modificate e migliorate più volte. Dovevano dare l’esplosività e l’energia della nostra musica e i nostri movimenti ma allo stesso tempo non dovevano ingombrare o dare fastidio. Sono state due creazioni molto apprezzate e questo ci ha fatto molto piacere.

Avevate proposto lo stesso tema anche lo scorso anno, ed avevate vinto i Campionati Europei, non avevate paura che potesse venir meno l’effetto novità?
LORENZO: E` stato un po’ un riuscire a risuperarsi, un tema così non l’avremmo più trovato e allo stesso tempo sapevamo di non aver dato tutto quello che potevamo dare l’anno prima. Quindi abbiamo voluto creare una routine ancora più travolgente e dinamica, dove nulla era lasciato al caso.
SILVIA: Non avevamo l’effetto sorpresa ma abbiamo rivisto tutta la coreografia nel corso dell’anno cambiando sia i gesti che gli esercizi. Sapevamo che essendo qualcosa di particolarmente nuovo non avrebbe annoiato i giudici e il pubblico sebbene la musica fosse la stessa dell’anno precedente.

Voi siete dei volteggiatori veramente a tutto tondo, gareggiate ad altissimo livello anche in squadra e nell’individuale. Come riuscite a conciliare il tutto?
SILVIA: Per poter riuscire a conciliare il tutto e gareggiare su tre discipline a livelli alti bisogna essere disposti veramente ad affrontare la fatica e ad impiegare la maggior parte del proprio tempo allenandosi. Noi per esempio, facevamo degli allenamenti extra rispetto alla squadra. Ci allenavamo insieme ai nostri compagni e poi aggiungevamo sempre almeno due ore in più per Pas de Deux e individuale. Il trucco è lavorare senza fretta, ma senza sosta.
LORENZO: Come ha detto Silvia il segreto è quello! Molti ci hanno detto che eravamo pazzi e sarebbe venuto meno qualcosa sicuramente… Io ritengo che nel WEG che abbiamo fatto abbiamo dimostrato di essere pronti su tutto, questo deriva da fatica e sacrifici è vero, ma è un qualcosa che non tutti volteggiatori hanno. Inoltre il competere su più cose ha anche i suoi aspetti positivi: se qualche cosa non va, sai che hai un’altra gara per poter fare meglio.

L’individuale e la squadra vi aiutano nella preparazione del Pas de Deux o sono allenamenti di tipo completamente diverso?
LORENZO: Il sapersi muovere bene da soli sul cavallo ma anche in coppia o in tre è di sicuro un grande vantaggio. Per scelta non abbiamo utilizzato nessun elemento in comune con la squadra per non far venire meno l’originalità di entrambi. Il lavoro e la preparazione atletica data dagli obbligatori però secondo me è fondamentale per fare quello che abbiamo fatto.
SILVIA: L’individuale e la squadra mi hanno aiutato molto nel gareggiare insieme a Lorenzo; credo che ogni categoria sia diversa dall’altra ed è diverso anche il mio modo di vivere la gara. La preparazione che abbiamo fatto è stata indispensabile e mi ha permesso di arrivare al top della mia forma fisica e mentale.
Per arrivare a reggere i due minuti incessanti di esercizio e coreografia del Pas de Deux, tutto quello che abbiamo fatto per prepararci alla squadra e all’individuale, ha influito molto.

Chiunque vi abbia osservato prima di entrare in arena e all’uscita, sia in occasione delle gare individuali che di pas de deux che della squadra, capisce che siete veramente molto amici e credo che ciò sia fondamentale per il successo. Ma un’amicizia così profonda nasce in seguito alla stretta convivenza dovuta agli allenamenti, o si crea il pas de deux perché si è già grandi amici?
SILVIA: Credo che sia fondamentale essere amici e avere una buona sintonia prima di tutto poi sicuramente, il lavorare così tanto tempo a stretto contatto, non può fare altro che consolidare il rapporto. Diciamo che a pelle deve già esserci una simpatia altrimenti risulta difficile anche fidarsi l’uno dell’altro. Nel nostro caso ci allenavamo già insieme all’interno della squadra e successivamente siamo diventati una coppia sportiva coltivando la nostra grande amicizia giorno dopo giorno.
LORENZO: Passavamo quasi tutto il giorno tutti i giorni della settimana insieme e questo ha creato quel rapporto che sicuramente esisteva da prima ma ha fatto sì che non potessimo quasi stare l’uno senza l’altro. Condividevamo tutto e quando uno era stanco l’altro lo motivava e viceversa. La relazione che abbiamo credo sia qualcosa di unico che nasce da questo sport, ma che va anche molto al di fuori. Abbiamo le stesse passioni, idee, hobby, ecc. Non abbiamo mai litigato, né mai discusso eravamo sempre d’accordo su tutto e combattevamo per uno stesso obbiettivo.

Tutto ciò che si fa con il cuore acquisisca un valore in più e se ciò che stai facendo ti rende felice, sei sulla strada giusta!

Silvia, tu sei di Modena, mentre tu Lorenzo sei di Pordenone. Le vostre città d’origine distano un bel po’. Com’è nato il pas de deux Lupacchini-Stopazzini, o dovrei dire “Lapuccini” come a Tryon?
SILVIA: Siamo nati un po’ per caso e specialmente è stata Laura ad “insistere” nel provare a fare un pas de deux. Io e Lorenzo ci allenavamo già insieme per la squadra e nel 2016 abbiamo deciso di iniziare a gareggiare anche in coppia. Non ci aspettavamo niente, è iniziato tutto un po’ per divertimento e poi ci abbiamo preso gusto! La nostra prima competizione è stata durante il CVI di Kaposvar dove abbiamo presentato “Il piccolo principe e la rosa”. Successivamente siamo passati dal gareggiare su Boston Baio, il cavallo di Lorenzo, a Rosenstolz.
SILVIA E LORENZO: Abbiamo trovato a Villasanta (MB) il luogo perfetto per allenarci insieme.
LORENZO: E` una coppia nata per sbaglio, siamo partiti provando e poi abbiamo visto che funzionava. Veniamo da lontano ma ci siamo trasferiti a Milano ormai da un po’ dove ci alleniamo tutti i giorni insieme a Laura e Rosen. Il successo che abbiamo ottenuto insieme è stato un guardare solo il punteggio e noi e raggiungere un obbiettivo sempre più difficile con il nostro libero e non rispetto agli altri. Ci potevano essere gare dove avevamo vinto ma non avevamo raggiunto il punteggio che volevamo e quindi non eravamo contenti, ma anche gare dove siamo arrivati più indietro ma avevamo raggiunto il nostro obbiettivo. Il passo più grande è stato superare il muro del 9,000 ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

C’è mai stato un momento in cui avete detto “basta, non ce la faremo mai!”? Come l’avete superato? Chi vi ha aiutato?
SILVIA: Ci sono stati diversi momenti no, ma non abbiamo mai pensato di non farcela. Siamo sempre riusciti a tirarci su il morale e a darci la carica a vicenda. Quando uno di noi era demotivato, c’era l’altro pronto a sostenerlo. Indubbiamente anche Laura e la nostra famiglia sono stati fondamentali nell’aiutarci quando ce n’era bisogno.
LORENZO: Il non farcela era sicuramente la paura più grossa che più che durante gli allenamenti a me era venuta in gara. Avevamo sacrificato un intero anno, forse anche due e l’idea di arrivare lì e non mostrare quello che sapevamo fare mi spaventava molto, ma alla fine tutto è andato per il meglio.

Ora siete voi la coppia da battere. Questo vi spaventa o vi stimola?
LORENZO: Sicuramente ci stimola, sarà difficile trovare qualcosa che stupisca ancora di più ma noi ci proveremo a farlo.
SILVIA: È stimolante sapere che siamo noi quelli da superare e questo ci renderà più carichi.

Quali sono i vostri progetti?
SILVIA E LORENZO: Tra i nostri progetti, oltre all’allenarci e al mantenerci sempre innovativi e competitivi, c’è anche l’allenare i più piccoli e il diffondere le nostre conoscenze in vari stage.

Ultima domanda: quale consiglio dareste a una giovane coppia di volteggiatori che vogliano seguire le vostre orme?
LORENZO: Sicuramente non avere fretta perché prima o poi, anche quando meno te l’aspetti i risultati arrivano. Poi se si ha un sogno di fare di tutto per raggiungerlo perché alla fine il tutto nasce dalla passione, è uno sport duro di successi ma anche insuccessi dove non bisogna mai mollare e bisogna rinunciare a tutto ma proprio tutto se si vuole fare ad alti livelli con risultati. Poi per quanto riguarda i genitori bisogna far sì che si possa inseguire un obbiettivo, ma in completa libertà, senza pressioni e spinte, ma soprattutto insegnando ad accettare tutto quello che arriva che sia positivo o negativo.
SILVIA: il consiglio che mi sento di dare è quello di inseguire sempre il proprio sogno. Si può iniziare con il porsi un piccolo obiettivo e, una volta raggiunto, fissarne un altro e andare avanti per step. La strada per raggiungere un risultato non è mai lineare e proprio per questo motivo bisogna essere pazienti senza arrendersi al primo ostacolo.
SILVIA E LORENZO: Credo che Tutto ciò che si fa con il cuore acquisisca un valore in più e se ciò che stai facendo ti rende felice, sei sulla strada giusta!