È ormai una tendenza che si perpetua da vari anni, e anche questa edizione dei Campionati Mondiali di Volteggio che si sono svolti a Berna (SUI) presso la PostFinance Arena dal 16 al 21 luglio, non ha fatto eccezione. La struttura in cui si sono svolte le competizioni era ottima, almeno per il pubblico: grandi spalti da cui si vedeva benissimo il campo gara, illuminazione eccellente, audio impeccabile. Durante le fasi finali l’arena era gremita di persone. Unico neo è stato il costo eccessivo dei parcheggi, perché è vero che la città di Berna è servitissima dai mezzi pubblici, ma per molti gli alloggi non erano in città, ma in zone limitrofe, e i tempi di percorrenza con i mezzi pubblici per raggiungere l’arena sarebbero stati veramente troppo alti.

Tendenza degli ultimi anni, si diceva. Due squadre, due visioni del volteggio. Il panorama mondiale continua ad essere dominato dalle due scuole attualmente leader, quella francese e quella tedesca. Solida e rigorosa quella teutonica, quanto fantasiosa ed innovativa quella transalpina. Dalla Francia nascono quasi come funghi talenti individuali soprattutto in campo maschile, mentre in Germania sembra sempre essere più sentito un lavoro di squadra. Ma bastano tante ottime individualità per costruire una grande squadra? A volte sembra di sì, ma non sempre.

La prima medaglia mondiale in palio è stata quella della competizione a squadre, di fatto una gara a tre tra Germania, Francia e Svizzera, classificatesi in questo ordine. La Germania è in testa fin dagli obbligatori, ma la conclusione non è stata affatto scontata. Tutte e tre le squadre eseguono delle prove libere eccellenti, anche se molto diverse tra loro. Cominciamo con la Svizzera di Lütisburg (Monika Winkler-Bischofberger, Acadi van de Kapel), l’unica squadra completamente femminile effettivamente competitiva. Grazie alla presenza di atlete tecnicamente validissime, forti e sicure, l’esercizio si presenta alto, con tantissime posizioni varie, ben armonizzate e dinamiche, un libero coreograficamente molto curato, peccato solo per qualche sbavatura. È stato un esercizio all’insegna del “si può!”, si può essere grandi anche se in squadra mancano gli elementi maschili che tradizionalmente sono quelli che permettono le figure più alte e complesse. È una compagine, quella svizzera, dove è evidente lo spirito di squadra, dove il gruppo nasce e si sviluppa all’interno dello stesso club, e per questo esprime un volteggio corale, anche se non mancano certo grandi individualità. Lo stesso si può dire della squadra tedesca di Norka (Alexandra Knauf, Ecuador 28), vincitrice della medaglia d’oro, la cui performance è stata al solito esemplare. Una prova splendida, senza errori, difficile, un vero classico del volteggio a squadre.

Un discorso a parte merita invece la prova della Francia (Yannick Kersulec, Orlof de Conde), medaglia d’argento, che schiera, secondo una sua propria tradizione e in assoluta controtendenza rispetto all’intero mondo del volteggio, una squadra costituita da cinque ragazzi e una sola ragazza. Ne viene quasi necessariamente un libero “anomalo”, senza alcun blocco a tre, visto che anche l’unica ragazza presente non è quella che potrebbe essere definita una canonica volante. Per quanto l’esercizio sia stato eseguito in modo magistrale, non si può dire che sia un libero da “squadra”. Per quanto coreograficamente piacevole, è stato un’unione di piccoli pezzi di pas de deux legati tra loro da passaggi individuali. Figure piuttosto statiche, con poco movimento sulla groppa, se si eccettua il continuo saliscendi dal cavallo, e anche un po’ ripetitive nelle posizioni, in generale non alte. Capiamo il desiderio legittimo e sacrosanto di salvaguardare il benessere del cavallo, ma bisogna allora anche concludere che quella che fino ad ora è stata la caratteristica fondamentale e peculiare della prova a squadre, ciò che tecnicamente la distingue nettamente da individuali e pas de deux, vale a dire le figure a tre, è stata snaturata. Per la FEI ora le figure a tre non sono più obbligatorie, ma, se non vengono vietate, nel giudizio dovrebbe, sempre a mio parere, esserne tenuto comunque in forte conto.

Ancora un colpo di scena nei Pas de Deux. Subito fuori dai giochi la coppia italiana Rebecca Greggio e Davide Zanella (Claudia Petersohn, Orlando Tancredi), una delle favorite, caduta durante un passaggio particolarmente impegnativo. Eliminati i competitori più temibili, non c’è più stata gara, Diana Harwardt e Peter Künne (GER, Andrea Harwardt, DSP Sir Laulau), hanno trionfato grazie a due prove assolutamente convincenti, eseguite, soprattutto la seconda, in tutta scioltezza. Grande soddisfazione per la coppia Zoe Maruccio/Syra Schmid (SUI, Michael Heuer, Latino V. Forst CH), probabilmente il pas de deux più longevo del volteggio internazionale. Le due ragazze svizzere hanno veramente superato sé stesse, in particolare nella seconda prova. Nella prima invece erano risultate migliori le terze classificate, Gisa Sternberg e Linda Otten (GER, Cornelia Ammermann, Espresso 23). Entrambi gli esercizi si collocano sulla scia tracciata da Nagiller/Hinter e ancor prima da Eccles/Eccles, esercizi costruiti sulle caratteristiche delle ragazze, originali nelle componenti, eseguiti in modo fluido, con continui cambi di posizione per entrambe le volteggiatrici e anche qualche figura alta. Routine che se ben eseguite possono competere anche con quelle delle migliori coppie maschio/femmina.

Tutt’altro che scontata la competizione individuale femminile, resa ancor più incerta fin dall’inizio dal ritiro inaspettato della campionessa europea in carica Kathryn Mayer (GER). Almeno sei concorrenti si sono contese il titolo: Eva Nagiller (AUT, Tomasz Ogonowski, Bastion), Alina Roß (GER, Volker Roß, Baron 7), Alice Layher (GER, Helen Layher, Lambic van Strokappeleken), Ilona Hannich (SUI, Monika Winkler-Bischofberger, Rayo de la Luz), Kimberly Palmer (USA, Laura Carnabuci, Rosenstolz 99), Nadja Büttiker (SUI, Monika Winkler-Bischofberger, Rayo de la Luz), questo l’ordine finale. Nessuna così superiore alle altre in tutte le prove, obbligatori, tecnico, o libero, da blindare fin da subito il risultato, tutte di altissimo livello, con punteggi praticamente sempre superiori all’8.  Eva Nagiller l’ha spuntata! Alla conclusione del primo round la distanza che la separava da Alina Roß era di soli 8 millesimi, e Nadja Büttiker seguiva a due centesimi! Il libero ha deciso tutto. Nadja Büttiker lo sporca molto e scivola addirittura in sesta posizione a tutto vantaggio di Alice Layher che scala di una posizione e raggiunge il podio, Alina Roß fa molto bene, ma Eva Nagiller è suprema, sembra veramente l’estensione del cavallo (che ricordiamo non essere quello su cui si allena), non un’incertezza, non un’indecisione. Il titolo è più che meritato.

Le nostre volteggiatrici Rebecca Greggio (Claudia Petersohn, Orlando Tancredi) e Valeria Tomei (Silvia Lucchesi, levante del Monte Acuto) hanno alternato buone prove ad altre un po’ più incerte, concludendo rispettivamente in dodicesima e diciannovesima posizione. Potenzialità per salire ancora di livello ci sono, devono lavorare sulla continuità.

Grandi protagonisti anche in campo maschile. I punteggi attribuiti ai concorrenti sono altissimi, la qualità delle prove eseguite è eccellente, soprattutto il freestyle, dove addirittura nove prove sono state giudicate superiori all’8.5, e ben cinque concorrenti superano tale score anche nel totale.  Nell’individuale gli atleti francesi si confermano insuperabili. Tecnica e interpretazione si fondono magistralmente dando vita a performance che non solo tengono col fiato sospeso per le difficoltà, ma sono anche bellissime da vedere. La sorpresa di quest’anno è la vittoria di Theo Gardies (FRA, Sebastien Langlois, Sir Sensation) sul campione europeo Quentin Jabet (FRA, Andrea Boe, Ronaldo 200 NRW). Ben pochi ci avrebbero scommesso, nonostante fosse evidente che Gardies era in grandissima forma. Alla fine del primo round Gardies era secondo a un decimo dal compagno di squadra, ma ancora una volta il libero, la prova dove i francesi eccellono maggiormente, ha cambiato le carte in tavola. La performance di Jabet è stata al solito eccellente, ma quella di Gardies è stata giudicata anche migliore.

Gardies ha presentato un esercizio particolarmente “alto”, quasi tutto giocato su figure in piedi che hanno favorito l’interpretazione della musica, il tutto condito con un grande lavoro di ricerca nei particolari coreografici, compreso l’outfit in controtendenza, maschile, con blazer grigio aperto su canotta bianca, maniche arrotolate, ma con il tocco degli avambracci dorati in pendant con la cintura. Completamente diverso lo stile di Jabet, il cui esercizio, commovente quanto difficile, ha lasciato tutti a bocca aperta, ma per i giudici non abbastanza per conquistare la medaglia d’oro.

Se l’attenzione è stata monopolizzata da Gardies e Jabet, non si possono dimenticare comunque gli altri atleti, come il veterano Thomas Brüsewitz (GER, Maik Husmann, William II Z) tornato in grandissima forma, o Philip Clement (AUT, Melanie Neubauer, Enjoy the Moment) al suo esordio in 3*.

Partita invece un po’ in salita la gara di Davide Zanella, che si conferma comunque un ottimo atleta a livello internazionale. Purtroppo, in particolare la prova tecnica, che è sempre stata un cavallo di battaglia del volteggiatore padovano, non è andata come doveva.

La manifestazione si conclude con la Nations Team Competition che vede primeggiare per la seconda volta consecutiva la compagine francese. Les Blues dominano decisamente in tutte e tre le prove, non solo in quelle individuali, i cui risultati erano scontati, a meno di cadute, ma anche nella squadra che è stata ancor più premiata che nella performance precedente. Germania e Svizzera non possono che inchinarsi, nonostante entrambi i team non possano assolutamente lamentarsi delle prestazioni effettuate.

Classifiche complete dei Campionati Mondiali

Classifica della Nations Team